LA MUGNAIA TALES: ROSSO CUPO E VELLUTATO

ROSSO-VELLUTO

La Mugnaia in trasferta nella piovosa Napoli, a spasso nel cuore pulsante della gastronomia italiana, tra cibo di strada e grandi pasticcerie. E’ nelle case, però che si celebra il “culto” della cucina partenopea. Ed è proprio in una casa, che ci siamo imbattuti nella sua può profonda e sacra espressione: IL RAGU’.

Non nella sua versione emiliana, estroversa e che nulla nasconde, offrendosi in tutta la sua meravigliosa generosità agli occhi ed al palato.

“Il” RAGU’, napoletano, invece, è fatto di mistero, ha anima densa, quasi una marmellata, il cui colore è indefinibile. Forse “rosso cupo e vellutato“.*

Un pezzo intero di carne cuoce, per un tempo lunghissimo (amici napoletani ci assicurano: menù di 6 ore di cottura non fanno un ragù), in un pomodoro che da rosso inizia a cambiare colore diventando granata, poi prende sfumature color palissandro.

Un concentrato di vita, un’alchimia, una distillazione dei sapori, la carne in parte si scioglie, in parte viene messa da parte per il secondo: resta un’essenza di sugo, un’idea fatta cibo.

Eduardo de Filippo vi ha dedicato una poesia, O’ rraù, in una sua celebre commedia, “Sabato, Domenica e Lunedì”.

Grandi chef alle prese con lente cotture a bassa temperatura? Qui questa tecnica si padroneggia dal 1300. Nei ristoranti di questa prelibatezza difficilmente si trova traccia. D’altronde, come ricorda Eduardo, ” ‘O rraù ca me piace a me / m’ ‘o ffaceva sulo mammà.”

A presto.

Marco, Elisa e La Mugnaia

* cfr “La cucina napoletana” di Jeanne Caròla Francesconi, ed Newton Compton 1992 p 74, cit Prof Nicola de Conciliis

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cuoco, 36 anni, vive, cucina, lavora ad Ivrea(TO)
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